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Esistono diverse tipologie di centrifughe quella che vediamo è una centrifuga da banco con rotore a braccio oscillante. Nella posizione di riposo, i tubi rimangono in posizione verticale, ma quando il rotore inizia a girare, a seguito dell’accelerazione centrifuga, i tubi ruotano sui perni verso l’esterno disponendosi orizzontalmente. Al termine è allontanato il surnatante ed il pellet è risospeso. Si aggiunge il Fissativo (costituito da metanolo: acido acetico in rapporto 3 a 1) per l’ultima volta. Si continua a lavorare sotto una cappa chimica, cappa canalizzata all’esterno, essa ha un elettroventilatore esterno in posizione remota al termine del condotto di espulsione ed ha gruppi filtranti a bordo quali trappole ad assorbimento chimico, filtri a carbone attivo. I tubi si alloggiano nella crociera e si fa una centrifuga a 2100 ripetizioni per minuto per 5 minuti. I rotori a braccio oscillante come questo consentono la formazione di bande di precipitato ben separate, ma sono più delicati rispetto ad i rotori ad angolo fisso. Questa ha una velocità massima di circa 15000 giri al minuto. Sono impiegate per isolare materiali che sedimentano rapidamente e centrifugano volumi relativamente piccoli (fino a 50mL). Al termine è allontanato il surnatante ed il pellet è ben risospeso. Si prepara il Fissativo, costituita da metanolo: acido acetico in rapporto 2 a 1. Si aggiunge il fissativo alle cellule e si risospende bene con una pasteur di plastica. Lavorando sotto cappa chimica occorre ricordare che il grado di saturazione dei filtri è un fattore critico poiché la durata di un filtro dipende, non solamente dalla sua granulometria e dalla concentrazione e frequenza d’impiego delle sostanze da assorbire, ma anche dalle condizioni termo igrometriche dell’ambiente e dalla capacità di assorbire sostanze volatili presenti nel laboratorio anche nei periodi di non funzionamento della cappa., quindi è fondamentale la loro sostituzione periodica. I tubi si alloggiano nella crociera e si fa l’ultima centrifuga sempre a 2100 ripetizioni per minuto per 5 minuti. Al termine è allontanato il surnatante ed infine il pellet risulta risospeso in soli 200 microlitri circa di fissativo. Si procede a questo punto con la gocciatura. Si puliscono bene due vetrini portaoggetto con alcool e si lasciano cadere delle gocce di sospensione (cellule e fissativo) sui vetrini puliti e freddi. Il metanolo con un punto di evaporazione più basso evapora prima mentre l'acido acetico evapora più lentamente così riduce le proteine più accessibili dei cromosomi facendole precipitare, oltre a tutta la matrice citoplasmatica e nucleare. La cellula quindi si sgonfia ed appiattendosi costringe i cromosomi, che tenderanno a distendersi e allungarsi, a diffondersi sul vetrino entro i margini della membrana ancora presente e così pronti per la finale colorazione. Si utilizza il Giemsa al 5% in acqua deionizzata, un colorante specifico per il DNA. Si filtra il Giemsa in modo da allontanare le eventuali lamelline formatesi per l’ossidazione del colorante quando è esposto alla luce diretta. In una vaschetta Coplin si versano 95 ml di acqua e successivamente 5 ml di Giemsa filtrato e si mescola. La colorazione di Giemsa si basa sulla differenziazione dei costituenti cellulari che hanno reazione basica, i quali fissano l'eosina (acida) colorandosi in rosso-arancio. Gli altri componenti cellulari aventi reazione acida si colorano in blu, con i prodotti di ossidazione del blu di metilene (basico) azzurri. I vetrini sono alloggiati nella vaschetta coplin ed incubati nella soluzione colorante per 10 minuti al buio. Trascorsi i 10 minuti i vetrini vengono sciacquati in acqua deionizzata e lasciati asciugare sotto cappa chimica. Il montante, per microscopia viene usato terminata la colorazione, questa fase è necessaria per chiudere il preparato con un vetrino copri-oggetto, per rendere stabile nel tempo il vetrino. Sulle cellule asciutte o sul coprioggetto pulitissimo viene fatto gocciolare con una pasteur qualche goccia di montante, e si rovescia sul preparato, cosicché il montante tenderà a spandersi, si preme e si rimuove l’eccesso di montante. A questo punto il vetrino è pronto per l’osservazione al microscopio. Il microscopio è uno strumento che ci consente di vedere ciò che normalmente non si vede ad occhio nudo, sfruttando un sistema di lenti biconvesse e basandosi sul fenomeno della rifrazione delle radiazioni luminose. È costituito da una parte meccanica ed un sistema ottico. La prima si suddivide in una base, uno stativo ed un tavolino porta oggetti, infine una vite macrometrica ed una micrometrica che consentono la messa a fuoco del campione. Il sistema ottico consiste in uno o due oculari 10X, la scatola portaprismi, gli obiettivi montati sul revolver ed il condensatore. Dopo la messo a fuoco si cerca una metafase e si il cariotipo.