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Niccolò Circignani detto il Pomarancio<break strength="x-strong"/> Deposizione di Cristo nel sepolcro, 1590 circa<break strength="x-strong"/> Olio su tela centimetri 122 per 96<break strength="x-strong"/> Fondo storico dell’Abbazia<break strength="x-strong"/> La Deposizione di Cristo nel sepolcro è una delle rare opere su tela di non grandi dimensioni del Pomarancio, databile al 1590. L’artista articola la narrazione attraverso una progressiva successione di piani e la sviluppa lungo la diagonale che dal capo di Giuseppe giunge a lambire la schiena di Nicodemo. Riprende quindi il racconto in modo circolare, nel morbido arco che abbraccia Cristo, la Madre Maria, Giovanni Evangelista e il giovane di profilo che assiste alla sepoltura. La Deposizione appare immersa in un’atmosfera di “calma fatale”, che libera l’evento dal pathos e dramma consueti. A sinistra, in alto, Giuseppe d’Arimatea “che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei”, solleva il corpo esangue del Figlio di Dio e lo adagia sul sacro telo. L’ostensione della figura del Messia, con il busto interamente sollevato e le gambe leggermente flesse, è peculiare nella cultura figurativa romana del secondo Cinquecento. Di derivazione michelangiolesca, conosce notevole fortuna grazie a Francesco Salvati, Giovanni de’ Vecchi, Jacopino del Conte, Federico e Taddeo Zuccari, tutti artisti toscani o marchigiani attivi nell’urbe pontificia. Accanto a Giuseppe, Maddalena guarda in alto verso il cielo, alla ricerca di un contatto con il Padre; la sua mano destra, con l’indice ed il medio leggermente dischiusi sopra il capo di Cristo, rimandano alla duplice natura del Redentore, umana e divina, e quindi alla sua prossima resurrezione. Appena in basso la Vergine, con il tradizionale manto azzurro, sostiene amorevolmente una mano del Figlio, orami privo di vita. Dietro di Lei è Giovanni Evangelista, che accoglierà Maria “nella sua casa” tra le sue cose più care”. Poco oltre, nei due personaggi apparentemente estranei alla vicenda, possiamo riconoscere Antonio Circignani, nel giovane uomo che a capo chino assiste al pietoso rito della sepoltura e, dietro di lui, il padre Niccolò, che sovente si ritraeva, un po’ defilato, nei propri dipinti. Ai piedi di Cristo la sacra rappresentazione è conclusa dalla vigorosa figura di Nicodemo, “che portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre” con cui cospargere il corpo di Gesù e deporlo nel sepolcro scavato nella roccia.