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Giona, protagonista dell’omonimo libro dell’Antico Testamento, riceve l’incarico da Dio di convertire i pagani della capitale assira di Ninive, prima di distruggere la città nemica del popolo d’Israele. Il profeta rifiuta la missione affidatagli; fugge da Dio imbarcandosi a Giaffa verso Tarsis. L’episodio più rappresentato ne descrive, appunto, il viaggio in mare. Per punirlo della sua disobbedienza, Dio scatena una tempesta mettendo in pericolo l’intero equipaggio, al quale Giona racconta la verità. I marinai, considerandolo causa di sventura, lo gettano in mare, che immediatamente si placa. Viene inghiottito da un grande pesce, probabilmente una balena, si pente della sua disobbedienza pregando Dio per tre giorni. Il pesce lo rigetta vivo sulla spiaggia. L’episodio viene considerato come la prefigurazione della morte e resurrezione di Cristo (Matteo <say-as interpret-as="number">12, 38-40; 16, 1-4</say-as>; Luca <say-as interpret-as="number">11, 29-30</say-as>). Nell’affresco il profeta - ai cui piedi è scritto il suo nome JONACI - sostiene una lapide su cui sono incise le parole STETIT MARE A FERVORE SUO (Giona: <say-as interpret-as="number">1, 5</say-as>): e la tempesta si calmò.