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QUELLA STRANA CASA IN CIMA AL VIALE Maison Ikkoku, uno dei manga piu' letti, amati, discussi e magnificati della storia, fonte d'ispirazione per un'intera generazione di autori come i celebri Matsumoto Izumi e Katsura Masakazu (o meglio, studio K2R), opera dalla straordinaria forza coercitiva nel vincolare a se' i lettori, superba prova di scrittura da parte di un'autrice ormai matura per la leggenda, capolavoro inoppugnabile e sontuosamente rutilante nel firmamento delle opere piu' splendide regalateci da un ingegno umano... Superfluo aggiungere a questo punto che si tratta del massimo capodopera della Takahashi, ma superflue sono pure tutte le parole che si possono spendere sul suo proposito... solo la sua lettura puo' essere in grado di rendere giustizia a se' stessa. Ma liquidare il discorso in questa maniera sarebbe troppo comodo, e io non sono qui per cercar sotterfugi, ma per cercare di arricchire in qualche modo i miei eventuali lettori, per quanto presuntuoso possa sembrare un tale obiettivo, per quanto la mia opinione non sia che meno di una goccia nell'oceano. Da qualunque lato la si guardi, la stella Maison Ikkoku risplende di una luce tiepida e cortese, qualsiasi sua caratteristica si voglia analizzare non vi si riescono a trovare pecche, vizi o difetti ad essa attribuibili. In Maison Ikkoku la Takahashi, impegnatissima nella serializzazione di Uruseiyatsura, rinuncia ad ogni discorso fantastico- fantascientifico e ad ogni elemento di assurdita', forse perche' momentaneamente sazia di questo genere di argomenti, e mette da parte tutti gli artifizi narrativi elencati nei paragrafi precedenti, per provare a misurarsi con personaggi questa volta reali, con situazioni finalmente quotidiane ed ordinarie; e' mantenuta solamente la componente comica, con la differenza che qui non e' la comicita' il fine principale degli intrecci, ma una semplice costituente di essi mirante ad un risultato altro, ulteriore. Eppure anche in questa occasione lo scenario creato si dimostra fecondo ed inesauribile, grazie in particolare al cast di protagonisti che e' forse il migliore donatoci dalla Divina; e fin dai primi episodi la storia pare prendere vita, autonomia, ed impossessarsi della sua autrice, servendosi quasi di essa per manifestarsi volontariamente. Nulla sembra lasciato al caso, non esiste dal primo all'ultimo volume un benche' minimo elemento di contraddizione o disturbo: ogni evento scaturisce dai precedenti, ogni episodio e' conseguenza degli altri. Maison Ikkoku e' una storia d'amore, ma il romanticismo non prende mai il sopravvento, non degenera mai in mielosita'. Semmai, se un filo conduttore va trovato, penso che piuttosto il tema principale dell'opera sia lo scorrere del Tempo, elemento ancor piu' evidente nell'anime. Alcuni personaggi maturano nel corso della storia (Godai, Kyoko), altri si stravolgono completamente (Akemi), alcuni rimangono testardamente immutati (Yotsuya), altri ancora rivestono ruoli diversi (Mitaka). Alcune case crollano, la Ikkoku-kan stessa necessita di vari restauri, ma resiste. Non ho mai trovato due personaggi caratterizzati in maniera sublime come Godai e, in particolare, Kyoko. Quest'ultima si presta benissimo a dissertazioni di vario genere, sia per la sua complessita', sia per la possibilita' allettante di analizzare, per suo tramite, la societa' in cui essa stessa agisce ed e' inserita, il Giappone degli anni '80. Un Giappone in via di sviluppo, che vedeva ancora trascinarsi gli stralci della "Grande Bolla", alla ricerca del prestigio internazionale, di una nuova identita' sociale adatta all'ingresso nell'impero economico comandato dall'occidente, con la necessita' dunque di dover "rivedere" alcuni punti fondamentali come quello del ruolo delle donne, desiderose anch'esse di importanza e prestigio. Kyoko parrebbe perfetta per un'interpretazione inserita in questo contesto: donna atipica, profondamente femminile nell'aspetto e negli atteggiamenti, ma al contempo quasi "mascolina" nella sua cocciutaggine e nel suo voler eseguire lavori e ricoprire ruoli tipicamente maschili, alla ricerca dell'indipendenza. Tuttavia non sono pienamente d'accordo, ripeto, in un'operazione del genere -identificare nella sua caratterizzazione una qual sorta di critica sociale- anche perche' i motivi che la spingono a tali comportamenti non si possono trovare ne' nell'idealismo, ne' nel volersi dimostrare al pari degli uomini,