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Se avessi avuto un unico padre, avrei dovuto accettare o respingere i suoi suggerimenti. Avendone avuti due, mi è stata data la possibilità di scegliere tra punti di vista opposti: quello di una persona ricca e quello di un povero. Anziché semplicemente accettare o rifiutare l’uno o l’altro, mi sono visto costretto a riflettere, a paragonare le due prospettive, a decidere in prima persona. Il fatto è che l’uomo ricco non era ancora ricco e quello povero non era ancora tale. Entrambi si trovavano all’inizio della carriera e dovevano lottare con i soldi e per la famiglia. Ma sostenevano concezioni molto diverse sulla questione del denaro. Per esempio, uno di loro soleva dire: «L’amore per il denaro è alla radice di ogni male», mentre l’altro affermava: «La mancanza di soldi è la base di ogni male». Non era facile per un ragazzo avere due padri dal carattere forte che cercavano di influenzarlo. Volevo essere un buon figlio, saper ascoltare, ma loro mi dicevano cose differenti. Tuttavia, la contrapposizione dei loro punti di vista, specie a proposito del denaro, era talmente netta che la questione cominciava a incuriosirmi, a interessarmi davvero. Mi ritrovavo a riflettere per lunghi periodi di tempo sui concetti che mi inculcavano. In privato, mi chiedevo: «Perché dice questo?» e poi ponevo lo stesso interrogativo in relazione a una frase dell’altro padre. Sarebbe stato molto più facile dire: «Sì, ha ragione. Sono d’accordo con lui», oppure respingere una certa nozione dicendo: «Il vecchio non sa ciò di cui sta parlando». Per converso, avere due padri che amavo mi obbligava a riflettere e, alla fine, a scegliere il mio modo di vedere le cose. Nel lungo periodo, questo mio processo di decisione autonoma si è rivelato molto più prezioso del semplice rifiuto, o assenso, rispetto a un solo punto di vista. Uno dei motivi per cui i ricchi diventano ancor più ricchi e i poveri più poveri, mentre il ceto medio continua a indebitarsi, dipende dal fatto che non si insegna la materia del denaro a scuola, ma a casa.